Americano, naturalizzato italiano, William Congdon è considerato uno dei più profondi pittori del Novecento.
WILLIAM CONGDON 33 dipinti dalla William G. Congdon Foundation
JESI (Ancona) – Palazzo Bisaccioni Piazza Colocci, 4
Dal 12/12/2022 al 27/03/2023
Palazzo Bisaccioni, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, ospita dal 12 dicembre 2023 una mostra antologica del pittore americano William Congdon (1912-1998), un’interprete eccezionale del Novecento che con la sua pittura ha dato un volto alla ricerca umana del secolo breve, grazie a un’indagine antropologica sfociata in quadri di grande potenza lirica, tra città e natura antropizzata.
William Congdon è uno dei più profondi pittori del Novecento, naturalizzato italiano ma sempre americano nell’attitudine artistica.
Su di lui hanno scritto alcuni dei più importanti critici internazionali, tra i quali: Clement Greenberg, Jacques Maritain, Giulio Carlo Argan, Giovanni Testori, Peter Selz, Fred Licht, e Massimo Cacciari.
Le opere esposte sono state messe generosamente a disposizione dalla William G. Congdon Foundation – che tutela l’opera del pittore – e appositamente selezionate da Davide Dall’Ombra, direttore di Casa Testori.
Un percorso esaustivo e inaspettato di oltre trenta quadri, spesso di grandi dimensioni, pensato per gli spazi di Palazzo Bisaccioni: dalle New York degli anni Quaranta e le Venezie amate e collezionate da Peggy Guggenheim, fino all’approdo metafisico dei Campi arati degli anni Ottanta e Novanta.
Il visitatore può muovere il suo sguardo dall’energia dirompente del linguaggio americano dell’Action painting, di cui Congdon era un interprete, attraverso le sue prime esperienze di viaggio per le città d’elezione.
È così che la Roma imponente delle vestigia del Pantheon fa i conti con una rappresentazione esistenziale dell’architettura, rappresentata dalla voragine del Colosseo o dalla precarietà della città di Assisi, franante sulla collina.
La seconda parte della vita di Congdon è segnata dalla sua tormentata conversione al Cattolicesimo che porta nella sua pittura il tema della redenzione e il simbolo umano di sofferenza e resurrezione per eccellenza, il Crocifisso.
Nell’ultimo ventennio di vita in Italia, a sud di Milano, la sua ricerca, da spaziale, si fa temporale e protagoniste diventano la potenza della terra e le sue trasformazioni.
Non si tratta di visioni idilliache: si svolge l’orizzonte sui campi e se ne segue il processo umano operato in superfice.
È un tormento, anche materico, che sembra trovar pace nelle Nebbie e nei monocromi, sfociando nel lirismo musicale della vegetazione che conclude la mostra.