Una mostra che riflette sulle influenze reciproche tra la cultura del Centro Asia e l’Avanguardia storica russa
Cà Foscari Esposizioni di Venezia ospiterà la mostra Uzbekistan: l’Avanguardia nel deserto. La forma e il simbolo
Ca’ Foscari Esposizioni è lo spazio dell’Università Ca’ Foscari Venezia, presso la sua sede centrale, dedicato ad ospitare prestigiose esposizioni internazionali.
Gli spazi espositivi occupano il piano terra e il primo piano di Ca’ Giustinian dei Vescovi e fanno parte del complesso cafoscarino che si affaccia sul Canal Grande.
Nel corso degli anni sono state ospitate importanti esposizioni realizzate in collaborazione con prestigiose Istituzioni internazionali quali, per citarne solo alcune, “William Congdon a Venezia (1948-1960): uno sguardo americano“, “Il Mondo di Han Melini a Venezia – The World of Han Meilin in Venice“, “Jewel of the Silk Road. Buddhist Art from Dunhuang”.
Dal 17 aprile 2024, con inaugurazione su invito il 16 aprile, si apre al pubblico Uzbekistan: l’Avanguardia nel deserto. La forma e il simbolo, mostra che svela al pubblico italiano e internazionale una pagina di storia artistica poco conosciuta della prima metà del XX sec.
Vengono presentate oltre 100 opere provenienti dal Museo di Tashkent e da quello di Nukus, da tempo definito come il “Louvre del deserto“.
Curata da Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, la mostra evidenzia la connessione tra l’Avanguardia russa e l’arte dell’Asia Centrale.
Il sottotitolo della mostra è “la forma e il simbolo” e rinvia alle influenze reciproche che si stabiliscono tra la cultura del Centro Asia e l’Avanguardia storica russa: una selezione di opere di straordinaria qualità, mai in precedenza inviate fuori dei confini dell’Uzbekistan.
Tra questi Kandinskij (due olii e due disegni su carta), Lentulov, Maškov, Popova, Rodčenko, Rozanova, sono solo alcuni dei protagonisti dello scenario proposto.
A queste si aggiunge un’ampia selezione di opere dell’Avanguardia Orientalis.
Sono l’esito di un dialogo culturale e artistico profondissimo tra le secolari tradizioni delle sete sfavillanti e la raffinata palette delle decorazioni architettoniche e l’esigenza non più rinviabile di un codice pittorico nuovo, mai in precedenza sperimentato nell’Oriente islamico.
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