L’artista Multimediale Michele Zaza invita lo spettatore nel suo magico cosmo
Contemporanea Galleria d’Arte di Foggia presenta la mostra fotografica Universo magico. di MICHELE ZAZA, fino al 25 febbraio
Dal 20 gennaio 2024 Contemporanea galleria d’Arte di Foggia presenta l’artista Michele Zaza nella mostra Universo Magico, un excursus della cinquantennale attività di Zaza, dagli anni Settanta fino ai giorni nostri.
Una mostra che accompagna il visitatore in un viaggio alla scoperta dell’universo magico di Zaza, tra i più acclamati artisti multimediali italiani.
Nato a Molfetta in provincia di Bari nel 1948 Michele Zaza si forma prima all’Istituto d’Arte di Bari per poi diplomarsi all’accademia di Brera dove segue il corso di scultura.
Il suo lavoro di ricerca è subito intenso come le sue mostre che lo portano ad un riconoscimento internazionale.
L’artista viene infatti invitato alla Biennale di Parigi (1975), alla Biennale di San Paolo in Brasile (1977) a ben due edizioni di Documenta a Kassel (1977 e 1982), alla Biennale di Venezia (1980).
Il lavoro di Zaza è stato ben delineato in un testo di Germano Celant, il critico d’arte al quale si deve la nascita e lo sviluppo del più importante movimento artistico del secondo Novecento in Italia, l’Arte Povera.
Di Zaza Celant ha detto infatti: Zaza crede in un’identificazione, che viene dal passato e dalla memoria, piena di partecipazione emotiva e ancestrale che gli permette di eliminare dall’arte il senso di solitudine e di isolamento che l’affligge.
Le sue sequenze risultano allora insiemi vertiginosi dove le figure primitive si mescolano alle nozioni della contemporaneità. Vere impronte lasciate sui muri che intrecciano un molteplice passato ad un attuale presente“.
Nell’arte di Zaza, infatti, la fotografia non è pura “testimonianza” di una realtà oggettiva, ma sempre “creazione” della realtà.
Dietro un “cuscino dai segni misteriosi”, l’immagine torna a essere profetica di un “trapasso” che va dal sogno a un’immaginazione inaspettata, sempre nuova.
Zaza giunge alla fine degli anni Duemila a una ipotesi di «spazio cosmico» dove il cosmo inventato, immaginato attraverso l’elaborazione e la trasfigurazione degli elementi della vita, si configura con la profondità di video-ritratti in ambienti totalmente dipinti di blu oltremare oppure su delle sagome in rosso ossido dipinte direttamente sulla parete, accompagnate da segni astratti tracciati con molliche di pane, non più fotografate ma presentate nella loro plasticità oggettiva.
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