70 anni della Convenzione per la protezione dei beni culturali: un anniversario fondamentale
I 70 anni dalla Convenzione protezione beni culturali in caso di conflitto armato: dall’Aja alla tutela del patrimonio culturale nei conflitti
Ricorrenza dei 70 anni dall’adozione della Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato.
Era ancor calda la memoria degli effetti distruttivi dell’ultimo conflitto mondiale quando all’ Aja, nel 1954, veniva approvata la Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato. Un trattato internazionale stipulato con lo scopo di tutelare “beni culturali mobili o immobili di grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli” durante una guerra o un conflitto armato.
I paesi che aderirono allora alla Convenzione esprimevano la convinzione che i danni arrecati ai beni culturali, a qualsiasi popolo essi appartengano, costituiscono danno al patrimonio culturale dell’umanità̀ intera, poiché ogni popolo contribuisce alla cultura mondiale…e la considerazione che la conservazione del patrimonio culturale ha grande importanza per tutti i popoli del mondo e che interessa assicurarne la protezione internazionale.”
La convenzione è ispirata ai principi contenuti in precedenti atti internazionali, specificamente nelle Convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907 e nel Patto di Washington del 15 aprile 1935.
L’accordo mira a proteggere il patrimonio culturale fatto di monumenti, opere architettoniche, siti archeologici, opere d’arte, manoscritti, libri e altri oggetti di interesse artistico, storico o archeologico, nonché collezioni scientifiche di qualsiasi tipo, indipendentemente dalla loro origine o proprietà.
La convenzione prevede che nei casi di crisi interne o internazionali, si attivino procedure per prevenire distruzione, furto o saccheggio del patrimonio culturale che possono essere causati da:
- attacchi diretti volti alla distruzione dei beni culturali per motivi ideologici;
- deliberata spoliazione di siti, collezioni e musei per fini criminali;
- improvvisa sospensione delle attività di manutenzione e gestione del patrimonio culturale.
Nel 1954 la speranza era che la convenzione rappresentasse un atto di prevenzione morale più che di attuazione. Purtroppo, però, le guerre e i conflitti armati non sono mai mancati e con essi le distruzioni di beni culturali di cui si ha notizia solo degli eventi più eclatanti.
E’ ancora viva la memoria della distruzione del sito di Palmira e in generale, i ripetuti attacchi contro il patrimonio culturale in Iraq, Siria e Libia da parte dell’ISIS, dove negli ultimi anni sono state perpetrate volontarie e sistematiche distruzioni di siti archeologici, musei ed edifici di culto.
Oggi, nella ricorrenza dei 70 anni dall’adozione della Convenzione, viviamo purtroppo l’emergenza del conflitto in Ucraina.
Una situazione che sta sollevando gravi preoccupazioni per le conseguenze non solo sulla popolazione civile ma anche sull’intero patrimonio culturale del paese.
Fin dall’inizio del conflitto l’UNESCO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, responsabile dell’attuazione della convenzione, è in contatto con le autorità locali per contrassegnare luoghi e monumenti iscritti nella lista del Patrimonio Mondiale. Una identificazione con lo “Scudo blu” distintivo della Convenzione per ricordarci il loro status speciale di aree protette dal diritto internazionale e evitare danni intenzionali o accidentali.
Al tempo stesso, l’UNESCO sta monitorando i siti a rischio o già colpiti con l’utilizzo di immagini satellitari, per valutarne i danni e promuovere l’attuazione delle misure opportune di difesa tra quelle ricordate nella convenzione:
- mettere in pratica azioni preventive come la preparazione di inventari, la pianificazione di misure di emergenza per proteggere i beni dal rischio di incendio o di crollo di edifici. Nonché la preparazione del trasferimento dei beni culturali in luoghi sicuri;
- sviluppare iniziative che garantiscano il rispetto dei beni culturali situati sul proprio territorio o sul territorio di altri Stati membri. Impedirne un utilizzo che possa esporli alla distruzione o al deterioramento, ed evitare qualsiasi atto di ostilità diretto contro di essi;
- registrare quelli reputati di grande importanza nel Registro Internazionale dei Beni Culturali sotto Protezione Speciale;
- contrassegnare edifici e monumenti rilevanti con un emblema distintivo della Convenzione;
- fornire un luogo di rifugio per proteggere i beni culturali mobili in caso di necessità;
- creare unità speciali all’interno delle forze militari che siano responsabili della protezione dei beni culturali;
- stabilire sanzioni per le violazioni della Convenzione.
La Russia è stata richiamata più volte al rispetto della Convenzione dell’Aja sulla tutela del patrimonio culturale che ha firmato al pari dell’Ucraina.
A tale proposito, il Ministro della cultura ucraino ha chiesto l’espulsione della Russia dall’UNESCO.
Questo a seguito della distruzione del Museo di Storia Locale di Ivankiv il 25 febbraio scorso.
Per migliorare la sua azione, nell’occasione dei 70 anni della Convenzione, l’UNESCO ha lanciato un programma di Formazione dei gestori dei siti e del personale militare in tecnologie all’avanguardia che possono contribuire alla protezione del patrimonio.
Il testo completo della Convenzione in lingua italiana è pubblicato nel sito di UNESCO Italia all’indirizzo:
https://www.unesco.it/wp-content/uploads/2023/11/Convenzione_conflitto_armato_italiano-1954.pdf