Julian Opie arriva all’essenza della forma attraverso un processo di minimalizzazione del segno
JULIAN OPIE – Mostra Roma
ROMA – Galleria Valentina Bonomo via del Portico d’Ottavia 13
Dal 11/05 al 30/09/2023
La Galleria Valentina Bonomo ha inaugurato nel 2002 la sua nuova sede di via del Portico d’Ottavia 13 a Roma con una personale di Mimmo Paladino.
La galleria si trova nel quartiere ebraico di Roma, uno dei tesori nascosti più belli della capitale, in un convento del XV secolo, prima palazzo signorile di una famiglia romana denominato ‘La casa dei Fabii’.
Fino al 30 settembre la galleria presenta la mostra personale di Julian Opie.
Nato a Londra nel 1958 Julian Opie si è laureato nel 1983 alla Goldsmiths School of Art, allievo di Michael Craig-Martin, iniziando subito la sua attività che l’ha portata ad esporre ampiamente nel Regno Unito e a livello internazionale.
Questa è la quarta mostra personale dell’artista inglese con la galleria Valentina Bonomo e, per l’occasione, presenta le sue nuove walking figures, tredici opere raffiguranti persone in movimento riprese dalla strada.
Ogni figura è del tutto unica con il suo stile che si distingue attraverso l’abbigliamento, il movimento del corpo, gli oggetti o i semplici accessori.
I protagonisti sono colti nella loro quotidianità̀, gente che cammina con uno scopo ben preciso spesso stringendo in mano il telefono o leggendo una e-mail.
I soggetti sono rielaborati dall’artista che arriva all’essenza della forma attraverso un processo di minimalizzazione del segno.
Ne scaturiscono opere che, seppure stilizzate, non perdono né in espressività né in peculiarità̀ e la cui freschezza è esaltata anche dall’estrema immediatezza con cui si offrono allo spettatore.
Definite “icone moderne” di una realtà generica e generalizzata, le opere di Opie pongono alla ribalta problemi legati alla psicologia della percezione e alla pratica della conoscenza approfondendo l’ambiguo rapporto tra la realtà e il suo corrispettivo feticcio. Reso con la tecnologia digitale, il mondo di Opie è, di fatto, una meditazione sul gioco complesso fra la natura e l’artificio, tra il segno e la realtà osservata e sperimentata.