Giancarlo Galan, neo Presidente della Fondazione Canova, annuncia che il Ritratto di Canova di sir Thomas Lawrence, capolavoro del grande ritrattista britannico, finalmente restaurato si può nuovamente ammirare nella casa museo dello scultore a Possagno. Dal 27 ottobre, campeggerà nella camera natale del Maestro, proprio dove Giovanni Battista Sartori Canova, fratello del maestro, decretò dovesse restare perennemente esposto.
Il restauro, che ha richiesto due anni di studio e lavoro, curato dalla Soprintendenza ai Beni Storici e Artistici e realizzato da Studio Zattin & Restano di Padova, è stato integralmente finanziato dalla Cassa di Risparmio del Veneto.
Canova coltivava un suo culto della personalità: di lui sono noti almeno 80 ritratti e autoritratti, molti dei quali riprodotti in migliaia di stampe.
Per questo, del grande Lawrence aveva però una assoluta predilezione, una passione quasi morbosa.
Cosciente del proprio primato d’artista e del ruolo di arbitro del gusto del tempo, lo scultore neoclassico dissemina la propria effigie per tutta l’Europa. Molti protagonisti nel mondo della ritrattistica – chiarisce Mario Guderzo, Direttore del Museo Gipsoteca Canova – come Gaspare Landi, Giuseppe Bossi, Andrea Appiani, Giovan Battista Lampi, Pietro Benvenuti, Martino De Boni, John Jackson, Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson. George Hayter, John Bacon, Carl Christian Vogel, Hugh Douglas Hamilton e, naturalmente, François Xavier Fabre, François Pascal Simon Gerard, Rudolph Shurlandt, sir Thomas Lawrence, si sono impegnati nel ritrarre il grande scultore. Svariate le pose, gli atteggiamenti, la solennità del momento da immortalare, l’ambientazione, opere diverse che, naturalmente, risentono degli stili dei pittori, ma accomunate dalla volontà di celebrare e di immortalare colui che è stato il più grande scultore dell’epoca, diventato ormai un’icona vivente: la sua immagine ritratta è richiestissima, i numerosissimi committenti a volte si accontentano perfino di una copia, l’importante è possedere un’effigie di Canova, quasi una moda.
Lawrence (Bristol 1769 – Londra 1830), all’epoca ben più celebrato dei conterranei Reynolds e Gainsborough, chiede allo scultore l’onore di fargli un ritratto e Canova accetta di posare per lui una sola volta, nel novembre del 1815, cogliendo l’occasione del viaggio a Londra dove il maestro veneto si era recato per esaminare i marmi Elgin del Partenone.
Il Ritratto di Antonio Canova è sempre stato ritenuto un capolavoro del grande artista inglese ed un documento storico di rilevante interesse. Fu, infatti, dipinto in due sedute di posa, una a Londra nel 1815 ed esposto da Lawrence, poco dopo, nella prestigiosa sede della Royal Academy. L’inglese lo portò con sé a Roma nel 1819, dove Canova si sedette davanti a lui ancora una volta, permettendo a Lawrence, come lui auspicava, di «renderlo un’opera d’arte più perfetta”. Collocato nella casa romana fu ripetutamente copiato.
Il ritratto così realizzato risultò dono graditissimo, al punto che il Canova si rammarica delle richieste ripetute per le copie e per le esposizioni: «voglio pur dire che il mio ritratto, pegno preziosissimo della di Lei amicizia per me non rimane mai un mese intero in casa mia perché mi viene continuamente richiesto per essere copiato».
Il dipinto segue un’impostazione da ritratto ufficiale, presentando Canova come egli intende mostrarsi ai contemporanei e farsi ricordare dai posteri, quale nobile animo, erede dei grandi dell’Antichità. L’atteggiamento è disinvolto, ma ben studiato. L’immagine, la cui esecuzione risale al 1815, pone altresì dei quesiti, per esempio sui tempi in quanto lo scultore a quei tempi era già sui sessanta, anni che non sono certamente rappresentati. D’altra parte nei ritratti “ufficiali” era prevista una calibrata correzione dei difetti fisici che non allontanassero dall’identificazione del soggetto, si voleva, cioè, far risaltare soprattutto la bellezza “morale”, il rigore, la compostezza e l’austerità.
L’opera di Lawrence, artista di fama, autore dei ritratti reali, è tanto amata dallo scultore da accompagnarlo per tutta la vita, destinata post mortem ad avere un posto di rilievo, come si addice ai capolavori, nella casa-museo di Possagno.
Il restauro non è il primo cui è stato sottoposto il ritratto. Cadute di colore e problemi di conservazione furono oggetto di una diatriba già negli anni della prima Guerra Mondiale, tra Soprintendenza e Comune che non voleva consentire il trasporto fuori Possagno dell’opera per consentirne il restauro.
Colpevole anche in microclima provocato dal vetro che proteggeva la tela, la superficie pittorica si presentava arida, pesantemente screpolata, instabile, con notevoli sollevamenti e “ammucchiamenti” di colore. Dopo tutti gli esami del caso, l’intervento, piuttosto complesso, ha interessato la tela di supporto, la pellicola pittorico e la cornice originale, salvaguardando l’opera e recuperando interamente anche quelle superfici che si erano mosse da loro posto, scivolate in basso a causa degli scollamenti.
“Canova, afferma Gabriella Delfini Filippi, responsabile del restauro per conto della Sovrintendenza, sarebbe assolutamente soddisfatto nel rivedersi perfettamente integro in questo suo amatissimo ritratto. Per Lawrence riuscire ad immortalare Canova fu un vero piacere. Per Canova posare per l’artista che stava ritraendo tutta l’aristocrazia inglese fu un dovere.
Per ambedue il Ritratto rimase un segno tangibile di una intensa amicizia. ”
La restituzione del ritratto del Canova è accompagnata da un catalogo edito da Terra Ferma Edizioni.
Da segnalare che, accanto all’esposizione del restaurato capolavoro di Lawerence, La Gipsoteca e Casa Museo di Canova offre ai suoi visitatori anche una seconda attrattiva, che si aggiunge naturalmente alle collezioni stabili. Si tratta della grande mostra “Canova e la danza” che, dato il successo, è stata prorogata sino al 4 novembre.
L’esposizione indaga il tema della danza e delle danzatrici, più volte approfondito in pittura e scultura dal Canova. Prende spunto dalla restituzione alla “Danzatrice con i cembali” delle braccia di cui il celebre gesso originale dello scultore era stato amputato durante il primo conflitto mondiale.
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