Il dialogo tra arte e religione nell’opera contemporanea di Ettore Frani
Il Monastero di Camaldoli ospita la mostra di ETTORE FRANI. Luminosa, aperta al pubblico dal 22 giugno al 1 settembre
Camaldoli, fondata mille anni fa da San Romualdo, è una comunità di monaci benedettini.
Le sue due case, il Sacro Eremo e il Monastero, immerse nella pace della foresta, rappresentano due dimensioni fondamentali dell’esperienza monastica, la solitudine e la comunione.
Fino al primo settembre 2024 nella Cappella del Santo Spirito del Monastero è allestita la mostra Luminosa del pittore molisano Ettore Frani (Termoli 1978), a cura di Paola Feraiorni e Giovanni Gardini.
La mostra si inserisce all’interno di un prezioso dialogo tra il Monastero di Camaldoli e gli artisti, a cura di Giovanni Gardini, che negli ultimi dieci anni ha visto esporre importanti nomi del panorama nazionale e internazionale.
Il progetto, concepito site-specific da Ettore Frani e Paola Feraiorni per la Cappella dello Spirito Santo, intende proporre prima che una mostra un segno tangibile e personale di un’esperienza condotta negli anni, tradotta poi dall’artista in un gesto, quello pittorico, che si pone innanzitutto come preghiera.
Il suo lavoro è come un modo di interpretare e dare senso al mondo e al suo mistero, partendo da assunti che fanno eco ad un’autentica esperienza religiosa.
Un dialogo, quello della pittura, muto eppure eloquente – sottolineano Frani e Feraiorni – tra il nostro, mai estinguibile, desiderio d’assoluto e l’indicibile, eppur percepibile, trascendenza del divino.
Questo progetto, all’interno della poetica dell’artista, assume una valenza molto particolare in quanto crea un focus su uno dei soggetti a lui molto cari, la luminosa – uno dei nuclei fondanti la sua ricerca pittorica degli ultimi anni.
In essa l’artista approfondisce, attraverso la reiterazione della figura femminile, il dialogo che intercorre tra l’anima e la Luce, dove quest’ultima è intesa come una grande metafora dell’Origine.
In una cornice tematica d’ascendenza dichiaratamente neoplatonica, questo dialogo a due – tra l’umano e il divino – può essere colto come una sorta di chiamata, di appello, a cui l’anima risponde spogliandosi e svuotandosi lungo il suo cammino di tutto ciò che è inessenziale e perituro.
Desiderio ed attesa sono dunque le parole che indicano la direzione di questo respiro nel quale tutti noi dimoriamo, noi con il Divino.