L’artista, fotografa e produttrice cinematografica palestinese Emily Jacir narra la particolare condizione esistenziale, sociale e politica, del suo paese che è sempre insieme individuale e collettiva.
EMILY JACIR Not so long as the Night
Aperta nel 1989 da Alberto Peola, la galleria segue il lavoro di artisti italiani e stranieri contemporanei, emergenti e già affermati.
È particolarmente attenta alle nuove tendenze che trovano personali soluzioni narrative nell’impiego dei diversi mezzi espressivi, dalla fotografia alla pittura ai video alle installazioni.
Nel 2020 la galleria Alberto Peola Arte Contemporanea si arricchisce dell’ingresso in società di Francesca Simondi e cambia nome, diventando PEOLA SIMONDI.
Fino al 14 ottobre la galleria propone una mostra dell’artista palestinese Emily Jacir.
Nata a Betlemme nel 1972 l’artista vive ora tra Roma e Ramallah piccola cittadina in Cisgiordania.
A poche settimane dai bombardamenti in Palestina che hanno riacceso l’attenzione dei media, il film che Emily Jacir presenta a Torino, insieme a fotografie e film stills, conduce lo spettatore al di fuori della nozione di contingenza.
Il racconto filmico si arresta talvolta nell’iconica fissità del fermo immagine.
La sagoma scura di un corpo immobile, avvolto dalla nebbia fitta e bianca dei gas, senza luogo, diventa emblematica di una condizione esistenziale, sociale e politica, che è sempre insieme individuale e collettiva.
Negli spazi della galleria, il film trova una sorta di punteggiatura concettuale, emozionale e sottilmente poetica in una selezione di fotografie e film stills: la Luna, un soffitto animato dalla bellezza incongrua di un fiore, un cassonetto capace di trasformarsi in baluardo della resistenza, un reperto bellico.
La voce narrante di Emily Jacir accompagna il fluire delle immagini e dei suoni, che il suo racconto restituisce allo stato di documenti, di prove.
Si tratta di fotografie e filmati, girati in parte dall’autobus, percorrendo la strada e i suoi dintorni, osservando negli anni la progressiva crescita di un insediamento che ha lentamente preso il posto di un bosco su un terreno confiscato.
L’occhio si sofferma sulle vigne da vino che sopravvivono al peso dei massi e della strada con cui sono state schiacciate, così come alle incursioni distruttive dei coloni.