Roma – A servirla su un piatto d’argento è il programma che celebra il 150° anniversario del primo Trattato di Amicizia e Commercio, firmato il 25 agosto 1866, tra Italia e Giappone, per dare inizio ai rapporti diplomatici tra i due Paesi. In quest’ambito nasce la la mostra “Domon Ken. Il Maestro del Realismo Giapponese” che nel Museo dell’Ara Pacis, anche se risulta incredibile, allestisce la prima mostra monografica mai realizzata fuori dai confini giapponesi su uno dei padri della cultura nipponica contemporanea.
Attraverso un corpus monumentale di circa 150 fotografie, in bianco e nero e a colori, scattate tra gli anni Venti e gli anni Settanta del Novecento, l’esposizione nuota come una carpa tra le correnti agitate del secolo attraversando le due Guerre e tirando ancoraggi tra fotogiornalismo e fotografia di propaganda per poi immergersi negli abissi del dramma di Hiroshima a cui Domon Ken rispose come ad un dovere umanitario inclinando le sue cronache verso un realismo sociale e costruendo nel suo reportage la prima grande opera moderna del Giappone.
Il percorso, curato dalla professoressa Rossella Menegazzo, docente di Storia dell’Arte dell’Asia Orientale all’Università degli Studi di Milano e dal Maestro Takeshi Fujimori, direttore artistico del Ken Domon Museum of Photography, racconta per tematiche di come il maestro tracciò in tal modo un solco nella storia della fotografia giapponese del dopoguerra aprendo la via del realismo e posando la pietra su cui edificare la produzione fotografica dei decenni a seguire.
Con un atteggiamento neutrale, Domon Ken depurò le sue istantanee da ogni drammaticità allo scopo di restituire una sintesi cristallina e diretta della connessione tra macchina e soggetto. E i suoi soggetti li andò a cercare nella vita quotidiana, osservando la società, le sue spinte, le sue tradizioni, a testimoniare “i destini della gente, la rabbia, la tristezza, la gioia del popolo giapponese”.
di Ludovica Sanfelice